CENTRI MISSIONARIDIOCESANI DI BIELLA, NOVARA E VERCELLI
CORSO DI FORMAZIONE PER OPERATORI LAICI
13/20/27 Maggio 20011
I Centri missionari delle Diocesi di Biella, Novara e Vercelli, anche quest’anno hanno realizzato un corso di formazione per gli animatori missionari delle loro diocesi che si è tenuto per tre venerdì consecutivi del mese di maggio nei tre capoluoghi piemontesi.
Il tema trattato nei vari incontri era incentrato sulla situazione dalla sponda sud del Mediterraneo; questa scelta era motivata soprattutto dalla necessità di capire che cosa è successo nei mesi scorsi e cosa sta tutt’ora succedendo nei Paesi dirimpettai del “mare nostrum”.
Il primo incontro si è tenuto a Biella il 13 maggio e ha avuto come relatore Enrico Casale, giornalista della rivista missionaria “Popoli” dei Gesuiti italiani, il quale ha sviluppato il tema “le inquietudini della gioventù araba in cerca di democrazia sulla sponda sud del mediterraneo”. Passando in rassegna i singoli Paesi con una abbondanza di particolari egli ha illustrato come, dopo gli anni dell’entusiasmo legato alla conquista dell’indipendenza, i Paesi arabi che vanno dall’Egitto al Marocco, sono stati progressivamente risucchiati in una gestione del potere dove ha prevalso un interesse legato ad alcune figure e ai vari clan e famiglie loro vicine. Dato che le violazioni dei diritti umani venivano abilmente sottaciute i vari satrapi giunti al potere hanno rafforzato la loro influenza sui gangli vitali dello stato mantenendo le loro popolazioni su una soglia poco al di sopra della povertà assoluta. Pur non praticando forme democratiche di potere essi hanno però goduto del vantaggio agli occhi dell’occidente di essere coloro che si opponevano al fondamentalismo islamico ed al Al Qaeda; pertanto si sono avvantaggiati di una gestione del potere tesa soprattutto ad incrementare le loro ricchezze. Con il passare degli anni però, la scolarizzazione della gioventù e soprattutto l’accesso alla rete internet unito al confronto sulle realtà sociali fatto dai loro coetanei emigrati in Europa in cerca di lavoro ha portato i giovani di questi Paesi a mettere radicalmente in discussione i sistemi imperanti in casa loro. La scintilla della rivolta è partita dal Paese forse più “occidentalizzato” la Tunisia, seguito dall’Egitto, un Paese con una cultura millenaria alle spalle e con una grossa minoranza come i Cristiani copti, poco propensi ad accettare situazioni di marginalità. Le manifestazioni giovanili hanno potuto contare su degli eserciti che si sono schierato al loro fianco offrendo quel sostegno del quale avevano bisogno. Il contagio si è successivamente esteso a Libia, Siria, Yemen, ecc. dove però i locali detentori del potere hanno risposto in maniera più cruenta creando una situazione di disordine e di caos tutt’ora esistente.
Dopo una presentazione così esauriente e completa sui motivi che hanno determinato la cosiddetta “primavera araba” una seconda relazione sviluppata da Paolo Branca, professore di islamologia presso l’Università Cattolica di Milano, ha fatto emergere come in questa effervescenza politica la componente religiosa non sia per nulla insignificante. Partendo dal fatto che nel mondo arabo, religione e politica sono strettamente intrecciate, il prof. Branca ha fatto una disamina di come questa situazione sia profondamente radicata nel contesto vitale della società islamica e come condizioni i vari settori politici e finanziari che stanno alla base della gestione dello stato. Citando una lettera del Card. Martini del 1991 in cui l’Arcivescovo di Milano evidenziava come i musulmani arabi presenti in mezzo a noi hanno tutto il diritto ad essere diversi, ma non possono invocare “diversi diritti” da quelli in vigore nello stato che li accoglie; tutto ciò al fine di non ghettizzare la loro presenza e allo stesso tempo favorirne il dialogo e l’accoglienza. Branca con acume ha sottolineato come l’Islam, una religione che nasce 600 anni dopo il cristianesimo e che è praticata da oltre un miliardo di persone, si presenta come una sfida esaltante per i cristiani e con loro noi tutti siamo chiamati a confrontarci. La frase che forse riassume meglio il suo intervento è: “accettare il provvisorio (la situazione attuale) lavorando per quello che sembra impossibile, ovvero una convivenza fraterna”, cosa del resto già sperimentata in altre epoche del passato che a dispetto dei luoghi comuni avevano saputo esprimere una tolleranza maggiore di quella esistente ai giorni nostri.
Il terzo incontro, tenutosi a Novara ha avuto come protagonista Padre Massimiliano Taroni, frate minore collaboratore di Mons. Giuseppe Martinelli, Vescovo di Tripoli. La sua relazione è stata tutta incentrata sulla Libia dal colonialismo all’indipendenza per arrivare alla situazione attuale tutt’ora in una fase di difficile definizione. La Libia divisa amministrativamente in tre grandi aree, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, è stata una terra che ha avuto stretti rapporti con la sponda nord del Mediterraneo: non dimentichiamoci che la stirpe dei Severi, Imperatori di Roma, provenivano dalla libica Leptis Magna dove tutt’ora si conservano resti grandiosi della presenza romana. Queste terre furono tra le prime ad abbracciare il Cristianesimo e nei primi secoli fornirono validi Pastori che diedero un contributo prezioso alla grande stagione dei Concili ecumenici in cui si definiva il Credo della Chiesa. Con l’arrivo degli Arabi prima e con l’assoggettamento alla Sublime Porta degli Ottomani di Costantinopoli la Libia entrò definitivamente dell’orbita islamica condividendone fino in fondo le vicissitudini storiche fino al 1911 quando con l’occupazione italiana divenne una nostra colonia. Con la rivoluzione di Gheddafi nel 1969 è iniziato un nuovo periodo in cui l’eccentricità del colonnello ha giocato un ruolo determinante; grazie ai proventi del petrolio Gheddafi ha potuto interferire in maniera pesante negli affari interni di diversi Paesi africani diventando un interlocutore per quanto difficile, necessario per cercare di contrastare il fondamentalismo islamico (anche se fino a poco tempo fa era lui stesso ritenuto tra i protagonisti di questa deriva violenta dell’Islam).
Nonostante ciò Padre Taroni ha messo in luce come all’interno della società libica un ruolo delicatissimo lo giochi tutt’ora la Chiesa Cattolica, composta da una piccola ma vivace comunità formata prevalentemente da cattolici provenienti dalle nazioni sub-sahariane e che fanno riferimento alle storiche diocesi di Tripoli e Bengasi.
Tre incontri, tre relatori molto preparati, che hanno saputo far arrivare agli animatori presenti, attese e speranze di una realtà molto vicino a noi ma percepita come lontana. Lo sforzo fatto per cercare di approfondire e capire i problemi che vi soggiacciono è stata un’utile esperienza per riuscire non solo a comprendere ciò che queste popolazioni stanno vivendo, ma anche a compiere uno sforzo sincero per conoscerle e apprezzarle come essi meritano e in fondo si aspettano da noi.
Don Mario Bandera
Direttore CMD Novara